Mentre una mite serata primaverile calava sulla zona occidentale di Parigi, dovevo attraversare la città per raggiungere il mio appartamento, distante circa tre chilometri. Le strade erano congestionate dal traffico, e quindi chiamare un taxi non era una soluzione allettante; non mi andava nemmeno di prendere la metropolitana, perché faceva caldo e la stazione era lontana. Così, ho deciso di noleggiare un monopattino elettrico per strada, che ho usate per muovermi nel traffico fino alla porta di casa. Il viaggio è stato divertente, oltre che economico e veloce. E, pensavo, anche ecologico: i monopattini, d’altronde, non emettono gas di scarico.
L’enorme diffusione di monopattini elettrici in sharing nelle città si basa su questa premessa: invece di un’auto che consuma benzina, è meglio noleggiare un due ruote elettrico, che permette di salvaguardare il pianeta e risparmiare tempo. Lime – una società di noleggio di monopattini attiva in tutto il mondo, soprattutto in Europa e in Nord America (Italia compresa) – punta a “costruire un futuro in cui il trasporto sia condiviso, conveniente e sostenibile”; un altro operatore, Bird (presente in diverse città italiane) suggerisce che gli utenti possano “ridurre le emissioni di CO2 una corsa alla volta”.
Le ricerche, tuttavia, indicano che in realtà i monopattini elettrici a noleggio non riducono le emissioni di anidride carbonica nelle città. È una questione complicata, spiega Juan Matute, vice direttore dell’Institute of Transportation Studies della University of California, Los Angeles. Noleggiare monopattini elettrici può effettivamente essere un metodo ecologico per spostarsi, aggiunge Matute, ma dipende da come e dove vengono utilizzati i veicoli.
Che li si adori o si odino, è innegabile che i monopattini elettrici a noleggio abbiano invaso le principali città del mondo. Negli Stati Uniti si stima che nel 2019 siano state effettuate 86 milioni di corse sui monopattini condivisi, prima che la pandemia facesse crollare quasi tutte le forme di trasporto. Anche nel 2020, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, negli Stati Uniti, in Canada e in Messico gli utenti hanno comunque portato a termine oltre 25 milioni di viaggi. I monopattini a noleggio si possono già trovare in centinaia di città sia in Europa che negli Stati Uniti, tra cui Seattle, Londra, e Kiev, stanno arrivando anche a New York e sempre più spesso sono disponibili anche nelle città asiatiche.
Il primo programma di monopattini elettici a noleggio è stato lanciato dalla società di micromobilità Bird a Santa Monica, in California, nel settembre del 2017. A stretto giro, sul sono arrivate anche le altre aziende, che hanno riscosso un successo immediato. Se da una parte il mercato si espandeva, però, le analisi sull’impatto ambientale di questi programmi sono state condotte in modo poco rigoroso. Si dava per scontato che i monopattini elettrici avessero un’impronta ecologica trascurabile, un aspetto che ha aiutato le aziende a ottenere grandi investimenti. A maggio del 2019, c’erano 14 società di monopattini elettrici che operavano in 97 città statunitensi.
Gli studi sull’impatto ambientale
Per valutare l’impatto ambientale di questi programmi, è necessario tenere conto delle emissioni dei monopattini durante l’intero ciclo di vita: la produzione dei materiali e dei componenti che entrano in ogni dispositivo, il processo di fabbricazione, la spedizione al luogo di utilizzo, la raccolta, la ricarica e la ridistribuzione dei mezzi, oltre al loro smaltimento. Una volta presi in considerazione tutti questi fattori, il quadro può risultare desolante.
Secondo uno studio del 2019 condotto nella Carolina del Nord, i monopattini condivisi producono 202 grammi di CO2 per passeggero nel corso di tutto il loro ciclo di vita, più di un motorino elettrico (119 grammi), una bicicletta elettrica (40 grammi), una bicicletta tradizionale (8 grammi) e persino di un autobus a diesel con un numero elevato di passeggeri (82 grammi). Sebbene lo studio abbia rilevato che le emissioni prodotte dai monopattini elettrici siano inferiori a quelle di un’auto noleggiata con un servizio di car sharing (415 grammi), solo il 34 per cento delle corse in monopattino prese in esame sostituivano un tragitto che sarebbe stato effettuato con un’auto.
Al contrario, quasi la metà delle corse in monopattino sarebbe stata effettuata in bicicletta, a piedi e, nell’11 per cento dei casi, in autobus. Il 7 per cento degli spostamenti non sarebbe stato effettuato senza i monopattini. Dal momento che le emissioni supplementari dei monopattini superavano qualsiasi vantaggio legato ai viaggi in auto non effettuati, lo studio ha concluso che i programmi di noleggio di monopattini aumentano le emissioni complessive dei trasporti.
Lo scenario che emerge da queste conclusioni è reso più allarmante da uno studio condotto a Parigi nel 2020, che ha determinato che in un anno i monopattini condivisi hanno aggiunto 13mila tonnellate di gas serra all’impronta ecologica della città, equivalenti alle emissioni annuali prodotte complessivamente da una città di piccole dimensioni. Anche in questo caso, gli spostamenti in monopattino sostituivano spesso viaggi con mezzi di trasporto a basse emissioni.
All’inizio di quest’anno, uno studio condotto da Daniel Reck e Kay Axhausen del politecnico federale di Zurigo ha concluso che, in media, per ogni chilometro un monopattino in sharing genera 51 grammi di CO2 in più rispetto al mezzo di trasporto che sostituisce. “La conclusione è che i monopattini elettici condivisi stanno attualmente danneggiando il clima”, ha dichiarato Reck in un’intervista al quotidiano tedesco Die Zeit.
Le principali criticità
Le cause sono in gran parte riconducibili a una progettazione inadeguata. Agli albori del noleggio dei monopattini, il settore ha utilizzato versioni leggermente modificate dei modelli destinati ai consumatori. Questi monopattini, prodotti in Cina da aziende come Xiaomi e Segway-Ninebot, non erano adatti alla sharing economy. L’involucro della batteria spesso non era nemmeno impermeabile, e non c’era alcuna protezione contro gli atti di vandalismo e i furti. “La prima serie di veicoli non è stata progettata per questo settore”, spiega Scott Rushforth, responsabile dei veicoli di Bird.
Le prime flotte duravano solo pochi mesi, nel migliore dei casi. Con i loro telai in alluminio e le batterie agli ioni di litio, rimpiazzarli significava emettere 22molte più emissioni di CO2. “Ammortare le batterie agli ioni di litio e le emissioni dovute alla produzione su duecento corse invece che su duemila non è una cosa positiva”, aggiunge Matute.
C’è poi da considerare anche il trasporto dei veicoli. Tradizionalmente questi mezzi si affidano a batterie di piccole dimensioni che devono essere ricaricate spesso, di solito da persone che hanno il compito di recuperare i monopattini, portarli fuori città per la ricarica e riconsegnarli la mattina successiva. Questi dipendenti vengono anche utilizzati per ridistribuire la flotta quando un numero troppo alto di monopattini viene lasciato in un’area in cui realisticamente non verranno noleggiati.
La combinazione delle emissioni legate alla produzione e all’utilizzo è responsabile della maggior parte dell’impatto ambientale dei programmi di noleggio. I ricercatori che hanno condotto lo studio nella Carolina del Nord hanno calcolato che il 93 per cento dell’impronta ecologica di un monopattino condiviso rientra in una di queste categorie (la ricarica rappresenta invece solo il 5 per cento delle emissioni complessive).
Le contromisure delle società
Questo però significa anche che le società nel settore hanno ben chiaro dove intervenire per ridurre le emissioni dei loro programmi di noleggio. Un esempio è l’adozione di nuovi approcci alla raccolta e alla distribuzione delle flotte. In seguito allo studio di Parigi, una delle ricercatrici, Anne de Bortoli, ha scoperto che usando veicoli elettrici per trasportare i monopattini e ottimizzando i percorsi, gli operatori potrebbero ridurre le emissioni di CO2 fino al 55 per cento. Nelle città, gli operatori sono ora incoraggiati ad apportare questi cambiamenti dalle amministrazioni comunali, che hanno iniziato ad attribuire un’importanza maggiore alle credenziali ecologiche e all’analisi del ciclo di vita quando decidono se concedere una licenza.
Le aziende stanno anche aumentando la vita dei loro veicoli. Tra il 60 e il 70 per cento degli operatori di monopattini elettrici, compresi giganti europei come Tier e Bolt, ora acquistano i loro mezzi da Segway-Ninebot o da Okai, aziende hanno investito nella progettazione di prodotti più robusti e durevoli. Il modello base di Okai, l’azienda a cui si rivolgono gli operatori che non hanno grandi mezzi finanziari, dovrebbe durare circa due anni: “Tutto ciò che ha una durata breve è stato eliminato dal nostro portafoglio”, riferisce Tony Günther, responsabile dell’ecommerce di Okai.
Alcuni operatori, come Superpedestrian, Lime e Bird, hanno fatto un ulteriore passo avanti progettando internamente modelli di livello industriale. Oggi i monopattini sono “costruiti per durare a lungo ed essere condivisi”, spiega Andrew Savage, responsabile della sostenibilità di Lime. L’ultimo modello realizzato dall’azienda dovrebbe essere in grado percorrere circa 20mila chilometri nell’arco di almeno cinque anni, ma c’è la possibilità che superi addirittura questa soglia. Bird prevede che il suo equivalente, noto come Three, coprirà almeno 10mila chilometri nello stesso arco di tempo.
Anche altre aziende, come Voi e Lime, stanno introducendo batterie intercambiabili. Invece di portarsi dietro i monopattini per ricaricarli, si limitano a spostare le batterie (che oggi hanno anche una maggiore capacità), riducendo così il numero di viaggi necessari per alimentare le flotte. “Si può introdurre Bird Three in una città come Los Angeles – racconta Rushforth – e probabilmente non sarà necessario rivedere i monopattini per sette o addirittura dieci giorni” (il primo modello di Bird, lo Zero, di solito ne dura tre).
Ma allo stato attuale, le credenziali ecologiche della maggior parte dei programmi di noleggio di monopattini elettrici rimangono poco chiare. Nonostante i recenti miglioramenti, gli operatori sono ancora evasivi quando si tratta di rivelare come vengono prodotti, a quanto ammontano gli attuali cicli di vita e come vengono raccolti, caricati e distribuiti i loro veicoli. D’altra parte, vista la rapida evoluzione del mercato, è difficile fare affidamento sulle conclusioni delle ricerche esistenti per determinare quanto saranno ecologici questi programmi in futuro (nello studio in Carolina del Nord, per esempio, i ricercatori hanno smontato e analizzato uno Xiaomi M365, da tempo ritenuto inadatto al noleggio). “Uno studio di uno, due o tre anni fa è preistoria in questo settore”, spiega Savage.
È evidente che il settore sta evolvendo rapidamente e che le emissioni dei monopattini elettrici a noleggio miglioreranno nel tempo. Meno chiaro è invece se riusciremo a migliorare i metodi di trasporto che questi mezzi dovrebbero sostituire. Nelle grandi città come Parigi, New York e Londra, per esempio, dove il trasporto pubblico è efficiente, i monopattini elettrici faranno fatica a imporsi come mezzo di trasporto più ecologico. Secondo Reck, che ha lavorato allo studio di Zurigo, i monopattini hanno spesso una forte presenza nei centri cittadini, dove c’è un elevato afflusso di persone, che però sono zone già ben servite dal trasporto pubblico.
“Al momento abbiamo il problema che le aziende di monopattini elettrici non sono presenti nelle periferie, perché non è vantaggioso dal punto di vista economico”, aggiunge Reck. Ma se venissero portati in luoghi dove ci sono più probabilità che sostituiscano le auto a benzina e diesel, i monopattini elettrici noleggio potrebbero finalmente mantenere la loro promessa ecologica.
Wired - 08/07/2022